Favola di una notte d’autunno a forti tinte giallorosse: paura, emozioni, gol

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Cucchietti, portiere della Reggina, guarda attonito il pallone entrare in porta

LECCE (di M.Cassone) – Ieri al Via del Mare è stata scritta l’ennesima versione della favola tradizionale, conosciuta in tante varianti, “La bella addormentata”.

La protagonista, la bella principessa, cambia nome di versione in versione: per Perrault era semplicemente la “princesse” , Ciajkovskij la chiamò Aurora, i fratelli Grimm invece optarono per Rosaspina, mentre, nella 15^ giornata del Girone C della terza serie del calcio italiano, si chiama Lecce. E come in ogni favola che si rispetti c’è una “REGGINA” (rigorosamente con due G in questo caso), una bella principessa (il Lecce) e un giovane principe ventenne (Bianchimano) di 196 centimetri, nato il 25 dicembre 1996, che invece di svegliarla con un bacio lo fa con due schiaffoni in pieno volto e non riesce a conquistarne il cuore, perché la principessa appena apre gli occhi sulla realtà inizia correre così forte che né il giovane principe e nemmeno la “Reggina” riescono a raggiungerla. E scampata la paura ecco il lieto fine con tre perle che illuminano la notte, le creano Torromino, Ciancio e Tsonev e il buio dell’autunno si colora di giallorosso e la principessa continua a volare nei sogni dei propri tifosi.

Cuore, batticuore, paura, emozioni, gol, tanti gol, tutto in un tempo, tutto nel primo tempo.

Non era facile rispondere, a livello psicologico, alle vittorie di Catania e Trapani ed era diventato difficilissimo farlo dopo l’orrendo avvio di gara con gli errori di una difesa che balla un po’ troppo e ancora non ha trovato il giusto equilibrio.

Il Lecce però ci riesce perché è una squadra che ha carattere e si è calata nella giusta mentalità di questa categoria: lo dimostra l’atteggiamento visto contro la Reggina, quando seppur in superiorità numerica si è svestita da ogni presunzione e ha spazzato la palla in tribuna quando ha sentito la necessità di farlo.

Ovviamente l’errore più grande da non commettere sarebbe proprio quello di non capire la bruttezza dell’approccio avuto nella gara contro la squadra di Maurizi. Venti minuti regalati, superficialità e inadeguatezza di fronte a dei ragazzi terribili, veloci, cinici, ben messi in campo da un allenatore che decide di non fare le barricate ma di provare a pungere. E punge la squadra amaranto, punge e fa male. Non deve accadere più, perché non sempre la principessa riesce a risvegliarsi dalla puntura velenosa.

Si ricominci a lavorare subito, con umiltà e carattere, consapevoli dei limiti dimostrati e degli errori da evitare. La perfezione non esiste e non potrà mai esistere per nessuno, non chiediamo quello.  Esiste però il perfezionamento e arriva con il lavoro: solo il lavoro e la semina producono il raccolto. Liverani lo sa e continuerà la sua opera dall’alto di una vetta che tuttora possiamo definire sicuramente meritata.

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